Un
fatto è assodato: l'umanità sta affrontando una crisi globale
gravissima e, ritengo, una delle maggiori in senso assoluto. La
differenza rispetto alle grandi crisi del passato è che gli esiti di
questa, viste la realtà tecnologico finanziaria in cui siamo immersi
e la conseguente accelerazione dei fenomeni, determineranno in modo
ineluttabile le sorti della vita sul nostro pianeta. Ognuno di noi è
chiamato a rispondere a un imperativo etico di assunzione di
responsabilità. Non ci si può tirare indietro indefinitamente,
indefinitamente lavarsene le mani. È necessario che ognuno metta in
atto ogni mezzo personale e intellettivo per capire sino in fondo
cosa sta accadendo e con umiltà si documenti, legga libri,
s'informi. Ma seriamente e non seguendo il propagarsi dei commenti
sui social come unica fonte di conoscenza. Abbiamo il dovere
imprescindibile di non delegare ad altri decisioni che varranno per
tutti. Dobbiamo verificare ogni informazione, ogni fonte, domandarci
sempre cui
prodest, a
chi giova. Evitare l'atteggiamento tipico nei momenti di crisi di
farsi prendere dal panico e aspettare che un deus ex machina venga a
risolvere tutto. Non è più consentito a nessuno evitare una presa
di posizione, come, tanto per fare un esempio, l'amico che a marzo
inoltrato ha organizzato cene difendendosi con il fatto che le
restrizioni non erano ancora in vigore e che lui le cose le fa solo
quando glielo impongono le regole ufficiali. Le leggi, le regole,
sono fatte dall'uomo; a volte sono ingiuste, a volte sono sbagliate,
altre volte, semplicemente, sono tardive, incomplete, inefficaci.
Pertanto quando necessario vanno anticipate, migliorate, cambiate, o,
in casi estremi, rifiutate. La storia è ricca di esempi di leggi
inique di cui poi nel tempo ci si è vergognati. Non è più
consentito non pensare. Non è più consentito non agire.Le
decisioni che governi, o chi per essi, hanno preso, stanno prendendo
e prenderanno nelle prossime settimane incideranno in profondità sul
mondo per anni. Influiranno non solo sui nostri sistemi sanitari ma
anche sull'economia, la politica e la cultura. E, fondamentalmente,
sulla società. Al risveglio da questo incubo troveremo un mondo del
tutto diverso da quello conosciuto sinora, che già non era dei
migliori. E temo sarà un mondo distopico. L'accelerazione
esponenziale data ai mutamenti sociali da quest'emergenza sarà
infatti funzionale al rapido realizzarsi di obiettivi molto chiari
messi in agenda già da molti decenni da poteri forti che non
intendono rinunciare alla propria visione utilitaristica di una
società frammentata e sottomessa. Non si tratta di complottismo ma
delle conclusioni inevitabili di un'analisi portata avanti nel
tempo... Dobbiamo agire con rapidità e determinazione, pretendendo
trasparenza, onestà, senno. Non accettare incapacità e
approssimazione, e opporsi a corruzione, conflitti di interesse e
utilitaristiche connivenze.Dobbiamo, e avremmo dovuto già da tempo,
tenere conto delle conseguenze a lungo termine delle nostre azioni,
perché il delegare, l'ignorare, il permettere, il non re/agire sono
di per se stesse azioni. Nello scegliere tra le varie alternative,
dovremmo chiederci non solo come superare difficoltà e pericoli
immediati, di qualsiasi natura siano, ma anche in che tipo di mondo
vivremo quando li avremo superati. In che mondo vivremo quando questa
tempesta, visto che stiamo parlando della pandemia in corso, sarà
passata. Perché certamente, in un modo o nell'altro, questa tempesta
passerà e il genere umano sopravvivrà. Molti di noi saranno ancora
qui e tireranno un sospiro di sollievo. Alcuni si saranno
ulteriormente arricchiti, altri avranno dato fondo ai risparmi di una
vita, altri saranno precipitati definitivamente nel baratro
dell'incapienza. Qualcuno sarà morto in solitudine, qualcuno si sarà
ammazzato, qualcuno avrà ammazzato qualcun'altro. Ma,
essenzialmente, vivremo in un mondo diverso.Molti dei provvedimenti
adottati in questo periodo per gestire un’emergenza, diciamo a
breve termine, diventeranno parte integrante della nostra
quotidianità. È nella natura stessa delle emergenze accelerare i
processi storici, trasformando intere nazioni in cavie per
esperimenti sociali, attraverso l'adozione in poche ore di decisioni
e leggi che in tempi normali richiederebbero anni. Le storie
legislative nostrana e internazionale sono ricche di esempi di norme
introdotte in regime di emergenza e poi rimaste in essere. Per questo
è necessario che, oggi, per ogni norma che scavalchi il normale iter
legislativo, o che esautori il potere del giudice a favore di quelli
del prefetto venga chiaramente indicato un termine temporale.Pensiamo
al riconoscimento facciale e all'obbligo di controllare e riferire
temperatura corporea e condizioni di salute, alle tecnologie di
contact tracing, tutte procedure già in vigore in alcuni Paesi. Le
autorità possono non solo individuare i possibili infetti, ma anche
seguire movimenti e abitudini di chiunque. Lo si fa da un bel po' ma
ora tali misure verranno con il nostro plauso intensificate e
applicata su larga scala. Quest'epidemia sta segnando un importante
spartiacque nella storia della sorveglianza. Nel momento in cui le
multinazionali e i governi cominceranno a raccogliere anche i nostri
dati biometrici, potranno prevedere i nostri stati d'animo e
manipolarli. Potranno convincerci di qualsiasi cosa con maggiore
efficacia di quanto avvenuto finora. E potranno definitivamente
venderci quello che vorranno e con le modalità che vorranno. Non sta
forse già accadendo? Basti considerare banalmente l'arbitraria
classificazione dei beni in beni necessari e non necessari. Perché
se possibile acquistare alimenti in un supermercato viene interdetto
l'acquisto di abbigliamento se disponibile? Dov'è la logica? Un paio
di mutande nuove può essere necessario. Mentre non dovrebbe esserlo
entrare nel dettaglio e dover spiegare il perché di tale acquisto,
raccontando fatti privati a tutto il personale dipendente fino al
direttore del supermercato. Si rasenta l'assurdo. Una folle
dispersione di energie mentali per distogliere da quelle che sono le
questioni importanti di tutta quanta questa faccenda. Siamo e saremo
talmente impegnati a dover risolvere problemi stupidi che non avremo
tempo, occhi, orecchie, e cervello per capire quanto sta succedendo
davvero. Per cogliere le connessioni tra gli accadimenti. Quanti,
tanto per fare un altro esempio banale, che prima non l'avevano mai
fatto, ora comprano on line indumenti e scarpe per i propri bambini
in crescita che si ritrovano a non entrare nei vestiti da un mese
all'altro, pigiami per parenti ricoverati, o qualsiasi altro bene
che, nonostante le apparenze per qualcuno potrebbe essere veramente
indispensabile? Tanti, direi. Ma chi non ha, perché non gli piace o
perché non se li può permettere, un computer, uno smartphone, né
una carta di credito, di debito, prepagata o quello che volete, come
farà? È chiara l'intenzione di far sparire il commercio al
dettaglio, la carta moneta, il rapporto tra persone e di far
sprofondare nella marginalità chi ancora vorrebbe vivere alla
vecchia maniera o non può permettersi di adeguarsi alla nuova. Tutti
dovranno divenire parte di un sistema integrato per poter far fronte
alle esigenze quotidiane. Forse persino per comprare le patate. Chi
non lo farà sarà escluso. Il distanziamento sociale già esistente
non potrà che aumentare. Anche la divaricazione dei redditi sta
aumentando velocemente, con ammortizzatori sociali, per chi è in una
condizione di reale bisogno, assenti o ridicoli e mal pensati. Ho
letto da qualche parte che questo virus sarebbe reazionario perché
sta imponendo una decrescita infelice e porterà a una recessione
economica mondiale senza pari. Non credo: la decrescita sarà solo
per chi non sarà più funzionale al sistema. Io trovo invece che
reazionario il virus lo sia nella misura in cui rafforza potentemente
lo status quo e impedisce un reale, lungimirante, ed equo
rinnovamento sociale, politico, economico.Tornando alla questione di
partenza, ciò su cui si fa leva è proprio il chiedere alla gente di
scegliere tra privacy e salute, tra stile di vita e salute, tra
relazioni umane e salute. In sostanza la solita vecchia storia di
libertà contro sicurezza. Ma è una falsa scelta. Possiamo essere al
sicuro e proteggere la nostra salute e allo stesso tempo fermare
un'epidemia senza cedere a sistemi di sorveglianza assoluti, ma con
il buon senso e la responsabilizzazione personale reciproca. Possiamo
avere e dovremmo quindi pretendere di avere privacy e salute,
socialità e salute, aria aperta e salute, libertà e salute. Invece
mentre ci costringono in casa, provvedimento indiscutibilmente
legittimo per arginare le epidemie, ripuliscono le strade da umani
border line e randagi, tagliano alberi nelle nostre città,
continuano a sventrare indiscriminatamente la terra, acidificano i
mari. Mentre la maggior parte di noi rispetta doverosamente le
restrizioni per il bene comune, si firmano contratti economico
finanziari transnazionali, si alimentano conflitti, si dividono gli
utili, si programma il new deal del terzo millennio a beneficio di
pochi. Qualcosa non quadra. Non è questa la società globale che ho
sempre auspicato e di cui ho altrove scritto.In sintesi estrema, un
governo mondiale che, nel rispetto delle identità culturali e
territoriali, istituisca e faccia rispettare regole comuni per la
gestione dell'ambiente, della salute, delle risorse, dell'istruzione,
dell'economia, in una visione di protezione del bene comune e dei
diritti universali.Il
virus, come il riscaldamento climatico, non conosce frontiere e
richiede una risposta globale, azioni globali, governance globale.
È ormai il Pianeta lo spazio politico in cui questi problemi devono
essere affrontati. Ciò presuppone un cambiamento profondo non solo
delle istituzioni politiche a cui siamo abituati, non solo degli
stili di vita, ma anche del modo di pensare. Infatti
l'altra scelta inderogabile che dobbiamo affrontare è quella tra
isolamento nazionalista e solidarietà globale. L’epidemia in
corso, le crisi economica, sociale, ambientale pregresse e
conseguenti, sono problemi globali. Possono essere risolti
efficacemente solo con la cooperazione di tutti i Paesi, attraverso
la condivisione delle informazioni e l'adozione di misure di
contenimento comuni a livello internazionale. Strano, tra l'altro,
che non vi sia ancora stato, perlomeno non ufficialmente, un summit
tra i leader globali a tal proposito. Anche solo per abbozzare un
piano d’azione comune. Vien da pensare che i leader non siano
veramente tali e siano in balia di qualcos'altro, di qualcun'altro. O
sono degli incapaci o non contano nulla. Tertium non datur.Di sicuro
al momento abbiamo che vi sono tanti incompetenti nelle stanze del
governo. Si afferma tutto e il contrario di tutto, dimentichi persino
delle nozioni base di biologia. Cos'è un virus, come si comporta,
quanto tempo impiega a perdere la carica di letalità (nessun virus
ha “interesse” a decimare gli organismi ospiti pena la propria
scomparsa ma in genere prima di due anni non si può star
tranquilli)... Quello che è evidente, a oggi, è che il Virus,
inteso anche come misure del suo contenimento (la sedentarietà, lo
stare al chiuso, l'isolamento fisico, psicologico, emozionale), sta
abbassando le nostre difese immunitarie e sta aggravando patologie
pregresse, con ricadute fisiche e psicologiche che pagheremo con gli
interessi, sta disgregando le relazioni sociali, amicali, famigliari,
in modo drammatico, sta alimentando lo spirito delatorio, sta
rafforzando il nazionalismo territoriale. Le persone che all'interno
di un paese si spostano dalle aree più colpite dal virus a quelle
più “sicure” (sbagliato ma umano) sono sgradite come qualunque
straniero si affacci al mare
nostrum.
Non ci saranno solo più muri tra continenti e tra stati, ma anche
tra individui: il pericolo sarà il vicino di casa. Di questo
dobbiamo avere paura. Della paura. L'arma più potente, il deterrente
più efficace per mantenere il consenso, sfoltire i perdenti, e, in
ultima analisi, tacitare ed eliminare i dissenzienti.E non bisogna
nemmeno dimenticare di cosa si parlava fino a poco tempo fa. I
cambiamenti climatici. L'ipossia dei mari. L'accaparramento
indiscriminato di risorse non rinnovabili. La devastazione degli
ecosistemi. Le nuove generazioni che criticavano quelle precedenti
accusandole di non aver fatto e di non fare nulla per il futuro della
vita sul pianeta. Non se ne parla più, anzi il virus ha ribaltato le
parti. Ora gli esponenti più anziani della società, fisicamente più
vulnerabili, si sentono minacciati dalla scarsa disponibilità dei
giovani a cambiare abitudini, giovani che a loro volta stanno già
pagando in termini di formazione e pagheranno in termini di qualità
della vita. Conflitti generazionali di portata epocale su cui molto a
fondo bisognerebbe riflettere.Il problema che la gente non è
abituata all'idea di bene comune e non sa come comportarsi di fronte
a una minaccia comune, se non andando nel panico e diventando
egoista. Alcune persone sì, lo sanno ma, appunto, la gente no. Una
questione di discernimento che, come insegna Elias Canetti, la massa
non ha. La gente infatti non è andata nel panico per il
riscaldamento globale, che è una crisi molto più grande del
Covid-19, solo perché avviene gradualmente. Certo, su scala mondiale
la velocità esponenziale con cui gli ecosistemi stanno collassando
toglie il respiro, ma la maggior parte di noi non vede alcuna
differenza nel lasso temporale di riferimento che per gli esseri
umani del tardo capitalismo è quello tra una busta paga e l’altra.
Solo la paura del contagio, solo la paura di perdere ciò che si
possiede, muove. Per questo avrà la meglio un’economia mondiale
che premia l’interesse personale cieco e rende la condivisione un
lusso. Tra chi fa incetta di mascherine e chi si attacca alla
macchina da cucire per produrne, i secondi sono una minoranza.
Minoranza che, alla fine, esausta, si arrenderà.Quando vedremo le
rovine di questo nostro mondo e patiremo le derive di una società
composta da individui asociali, ci saranno rabbia e frustrazione,
questo sì, ma niente di più, perché i colpevoli saranno, come sono
sempre nell'immaginario collettivo, altrove. La colpa sempre di
qualcun'altro che ha portato sino a noi il disastro.
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