domenica 22 ottobre 2017

POESIA NEL CARRELLO

L’altro ieri mi è venuta voglia di leggere versi così ho curiosato online tra i nomi a me sconosciuti presenti nelle collane di poesia di alcune case editrici, con l’intenzione di individuare un paio di testi da acquistare. In un caso ho trovato una cinquantina di titoli e, cliccando su ognuno di essi, ho avuto accesso alla lettura di un componimento contenuto all’interno della relativa silloge. Sono andata avanti così per un paio d’ore, leggendo decine di poesie con Lo stesso approccio di quando faccio spese in un supermercato. Poco tempo, tanti prodotti, quel tanto di riguardo dovuto a etica e ambiente. Sto esagerando, chiaro, ma, mentre leggevo, pensavo che non è un bel modo di avvicinarsi all’interiorità di qualcuno. Con tutto l’intuito e la sensibilità letteraria che si possono avere, come si può, sulla base di poche righe, scegliere? Entrare in una libreria, avvicinarsi allo scaffale poesia, prendere un libro a caso e sfogliarlo e, quando non troppo voluminoso, leggerlo tutto per poi, una volta a casa, riprenderlo e rileggerlo, a mente e ad alta voce. Un metodo migliore e meno iniquo. Il problema è che se ci si basa su quanto si trova in una, due, tre o anche dieci librerie, non si ha idea della reale portata della produzione poetica. L’esubero di offerta obbliga, chi voglia farsi un’idea di cosa avviene nel mondo della poesia, a scandagliare nel mare magnum della rete anche se spesso costringe a ritrarsi perplessi in breve tempo. Da picchi di bravura ad abissi di mediocrità, enclavi elitarie e concorsi per l’uomo comune, luoghi laddove parlare di bravura è comunque arbitrario ed errato.
Il tentativo di creazione poetica è dilagante, un gran numero di persone sente l’esigenza di esprimersi poeticamente, e chiunque, a buon diritto, può definirsi poeta, se l’afflato che lo anima è incontenibile e sincero e se muove le viscere e il sentire del lettore. Io stessa oso definirmi poeta, pur riconoscendo di non sottostare ai dettami della poesia ma sono quarant’anni che scrivo poesie e, rileggendone alcune a distanza di anni, ancora vi ritrovo lo spirito che le aveva dettate. Mai però ne farei leggere una sola. Non sono gemme. Quelle sono dei Poeti. Per ogni periodo un percorso, un respiro che si modula in componimenti successivi che letti di seguito esprimono e offrono una visione e un sentire altrimenti non comprensibili. È come se si trattasse di un linguaggio, anzi dell’unico linguaggio che mi permette di dire senza filtri chi sono e cosa vedo. Per questo ho un grande rispetto dell’uomo che sul treno ha tirato fuori un foglietto spiegazzato per leggermi una sua poesia, o di Silvano buonanima che girava con le sue poesie ricopiate più e più volte a mano per leggerle nei bar e donarle a chi le apprezzava. O di Attilia dell’impresa di pulizia, che sa il latino perché lo studiava suo fratello e le poesie che compone le manda a memoria ma non le scrive perché si vergogna dei propri errori ortografici. Pronunciate le poesie, gli errori non si vedono, mi ha detto. Infatti ad ascoltarle arrivano solo grazia e luce.
Nel mio errare online ho letto componimenti premiati in vari concorsi e ho concluso che la poesia non si può cercare e trovare, la si può solo incontrare e non sempre dove ci si aspetta. Ché la poesia è come l’acqua: fluisce, attraversa, penetra, sprofonda fino a essere invisibile, ricompare inattesa. E nessuno può arrogarsene la proprietà.  Che poi dipende dalla sensibilità e dai gusti dei componenti le giurie l’attribuzione di merito. Non vi è nulla di più personale che la valutazione di un testo poetico, se si prescinde dall’analisi prettamente linguistica e metrica.

Comunque, in sostanza, dopo aver infilato tre testi nel carrello, quello che mi è rimasto addosso è il senso di fastidio che ho provato scorrendo un testo dietro l’altro come so che si fa con le facce su Tinder.

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