L’altro ieri mi è venuta voglia di leggere versi così ho curiosato
online tra i nomi a me sconosciuti presenti nelle collane di poesia di alcune
case editrici, con l’intenzione di individuare un paio di testi da acquistare.
In un caso ho trovato una cinquantina di titoli e, cliccando su ognuno di essi,
ho avuto accesso alla lettura di un componimento contenuto all’interno della
relativa silloge. Sono andata avanti così per un paio d’ore, leggendo decine di
poesie con Lo stesso approccio di quando faccio spese in un supermercato. Poco tempo,
tanti prodotti, quel tanto di riguardo dovuto a etica e ambiente. Sto esagerando,
chiaro, ma, mentre leggevo, pensavo che non è un bel modo di avvicinarsi
all’interiorità di qualcuno. Con tutto l’intuito e la sensibilità letteraria
che si possono avere, come si può, sulla base di poche righe, scegliere?
Entrare in una libreria, avvicinarsi allo scaffale poesia, prendere un libro a
caso e sfogliarlo e, quando non troppo voluminoso, leggerlo tutto per poi, una
volta a casa, riprenderlo e rileggerlo, a mente e ad alta voce. Un metodo migliore
e meno iniquo. Il problema è che se ci si basa su quanto si trova in una, due,
tre o anche dieci librerie, non si ha idea della reale portata della produzione
poetica. L’esubero di offerta obbliga, chi voglia farsi un’idea di cosa avviene
nel mondo della poesia, a scandagliare nel mare magnum della rete anche se
spesso costringe a ritrarsi perplessi in breve tempo. Da picchi di bravura ad
abissi di mediocrità, enclavi elitarie e concorsi per l’uomo comune, luoghi
laddove parlare di bravura è comunque arbitrario ed errato.
Il tentativo di creazione poetica è dilagante, un gran numero di
persone sente l’esigenza di esprimersi poeticamente, e chiunque, a buon
diritto, può definirsi poeta, se l’afflato che lo anima è incontenibile e
sincero e se muove le viscere e il sentire del lettore. Io stessa oso definirmi
poeta, pur riconoscendo di non sottostare ai dettami della poesia ma sono
quarant’anni che scrivo poesie e, rileggendone alcune a distanza di anni,
ancora vi ritrovo lo spirito che le aveva dettate. Mai però ne farei leggere
una sola. Non sono gemme. Quelle sono dei Poeti. Per ogni periodo un percorso,
un respiro che si modula in componimenti successivi che letti di seguito
esprimono e offrono una visione e un sentire altrimenti non comprensibili. È
come se si trattasse di un linguaggio, anzi dell’unico linguaggio che mi
permette di dire senza filtri chi sono e cosa vedo. Per questo ho un grande
rispetto dell’uomo che sul treno ha tirato fuori un foglietto spiegazzato per
leggermi una sua poesia, o di Silvano buonanima che girava con le sue poesie
ricopiate più e più volte a mano per leggerle nei bar e donarle a chi le
apprezzava. O di Attilia dell’impresa di pulizia, che sa il latino perché lo
studiava suo fratello e le poesie che compone le manda a memoria ma non le
scrive perché si vergogna dei propri errori ortografici. Pronunciate le poesie,
gli errori non si vedono, mi ha detto. Infatti ad ascoltarle arrivano solo
grazia e luce.
Nel mio errare online ho letto componimenti premiati in vari concorsi
e ho concluso che la poesia non si può cercare e trovare, la si può solo
incontrare e non sempre dove ci si aspetta. Ché la poesia è come l’acqua:
fluisce, attraversa, penetra, sprofonda fino a essere invisibile, ricompare
inattesa. E nessuno può arrogarsene la proprietà. Che poi dipende dalla sensibilità e dai gusti
dei componenti le giurie l’attribuzione di merito. Non vi è nulla di più
personale che la valutazione di un testo poetico, se si prescinde dall’analisi
prettamente linguistica e metrica.
Comunque, in sostanza, dopo aver infilato tre testi nel carrello,
quello che mi è rimasto addosso è il senso di fastidio che ho provato scorrendo
un testo dietro l’altro come so che si fa con le facce su Tinder.
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