sabato 25 agosto 2018

RIVOLUZIONI OSPEDALIERE


Durante un recente e lungo ricovero in ospedale mi sono posta alcune banali domande che desidero condividere.
Secondo voi perché ad un certo punto nell'ottocento si sono messi a costruire ospedali con ampi padiglioni e grandi finestre, immersi nel verde, con giardini, camminamenti, e agevoli zone di sosta all'esterno? Perché un secolo dopo le finestre venissero chiuse, la circolazione dell'aria garantita dai condizionatori e i giardini trasformati in parcheggi?
Perché scrissero eccellenti linee guida in cui si spiegava come rafforzare l'effetto delle cure con un'alimentazione personalizzata a seconda delle caratteristiche individuali e della patologia? Forse perché oggi si finisse con il somministrare a tutti semolino e purè a ogni piè sospinto?

Si trattava di misure basate sui nuovi concetti di asepsi e antisepsi. Sull'importanza di non ragionare a compartimenti stagno. Dal lavarsi le mani al non obbligare i degenti a respirare solo aria viziata. Consentire un agevole contatto con l'ambiente esterno aumentando così il livello di umanizzazione degli ambienti interni e del trattamento terapeutico. Rafforzare le difese autogene anziché indebolirle. Rispettare l'unicità di ogni individuo. Oggi il progresso che ne sarebbe dovuto conseguire si limita al progredire di alcune tecniche mediche e per il resto consiste a quanto pare nell'omologazione acritica delle procedure e nell'assenza del mai sufficientemente rimpianto buon senso.

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